La rabbia è un’emozione, un “carburante”: non appena la proviamo sentiamo una gran voglia di reagire: sbattere la porta, colpire, urlare, dire parolacce, rompere oggetti… ecc. spesso davanti alla rabbia o la si agisce, trasformando in un comportamento che può sia aggredire sia auto – aggredirci, o la si subisce, ovvero la si reprime, la si nega lasciando che “inquini” i nostri pensieri e il nostro corpo.Di rado, da bambini, ci hanno insegnato a conoscerla, a non averne paura, a poterla comunicare, a trasformarla in un “carburante” a servizio della creatività, di un progetto.Più spesso sia dalla famiglia che dalla scuola, la rabbia viene principalmente contenuta, giudicata, negata, a volte incoraggiata, ma comunque riportata su un piano di “regole” di comportamento, religiose, sociali, familiari ecc.Voglio precisare che non sto dicendo che le regole non servono e che la rabbia vada lasciata a “piede libero”, sostengo piuttosto che tra il bambino arrabbiato/ aggressivo e la norma e/o punizione, c’è un passaggio importante ed è nel come affrontare le “emozioni” che noi proviamo poiché vanno incontrate, conosciute, accolte e comunicate.Il prezzo di una vita emozionale gestita male è evidente quando si considera quanta infelicità, ansia, e disperazione vi siano nel mondo, quante difficoltà e sofferenze si verificano in molte relazioni, e quante malattie psicosomatiche e disturbi correlati allo stress siano presenti oggi. Tale prezzo si riscontra anche in quelle situazioni in cui le persone comunicano il loro dolore, rabbia …ecc. in modi che sono distruttivi per sé o per gli altri, ciò avviene quando non si conoscono i propri sentimenti o non si possiedono gli strumenti adeguati per considerare dei modi creativi che aiutino a gestire le emozioni in modo positivo.C’è allora la necessità di chiedersi se siamo delle persone sufficientemente preparate nei confronti della comunicazione, dell’espressione e della comprensione dell’esperienza emotiva delle nostre e altrui emozioni, condizione necessaria per affrontare senza paura la nostra rabbia e quella dei bambini. Spesso ci scordiamo che l’esperienza quotidiana dei bambini (come la nostra), è densa di emozioni e che quel che si muove “in pancia” o “frulla per la testa”, è più importante di QUELLO CHE HANNO FATTO.I bambini poi non hanno ancora tutti gli strumenti di decodificazione della realtà e le loro emozioni possono stimolare un dialogo interiore e viceversa, che porta ad una propria visione degli eventi, commentando internamente ogni esperienza personale.Questo dialogo interiore condizionato e/o rinforzato dai giudizi e dai messaggi che riceviamo su di noi, arrabbiati con la famiglia, la scuola, i compagni ecc. è spesso responsabile di convinzioni su di sé e sul mondo.Poter comunicare il dialogo interiore, e in questo caso la rabbia, trasformi sé o gli altri in categorie assolute che condizionano l’esistenza: “io sono cattivo”, “so solo urlare, nessuno starà con me”, “non mi vorrà più nessuno a giocare con loro”, “gli altri sono stupidi, faccio bene ad offenderli” ecc.Quindi il bambino continuerà ad esprimere la rabbia sempre allo stesso modo, ricevendo in risposta un comportamento che rafforzerà il suo pensiero. Interrompere tutto questo, ascoltare la rabbia dei bambini, dargli voce e forme, impedisce alla rabbia di diventare un “sabotatore” delle emozioni positive, della creatività dell’apprendimento e dell’evoluzione. Di fronte ad un bambino arrabbiato, spaventato o triste, quando la nostra ansia ci spinge a dire migliaia di parole, spesso poco capite, o a pensare, agire soluzioni immediate, possiamo rimandare tutto questo e provare ad essere “luogo” per l’ascolto, offrendo loro un tempo per raccontarsi.Le attività che si possono fare in studio come Pedagogista clinico sono tante e diverse, ciò dipende dal bambino e da altre variabili che riguardano la persona.Relazionarsi ad un bambino arrabbiato vuol dire andar oltre a quello che vedo, (un bambino che spacca, sputa, tira calci ecc.) sapere che c’è qualcosa che ha bisogno di essere comunicato e che non si riesce a dire o a esprimere in altro modo.Cosa posso fare quando un bambino si arrabbia? Elenco alcuni punti principali. Il Pedagogista clinico con tecniche proprie, approfondirà e sceglierà la metodologia più adatta, in base alle caratteristiche del bambino:· Non rispondere alla rabbia con altra rabbia. · Far capire che comprendiamo le loro emozioni “Mi sembra che tu sia molto arrabbiato”.· Aspettare che si sia espresso e abbia riconosciuto il suo stato emotivo e le conseguenze di un eventuale comportamento aggressivo.· Scoprire insieme il bisogno che sta dietro la rabbia e/o la paura che l’ha innescata.· Trovare insieme soluzioni alternative al comportamento aggressivo.· Sperimentare quanto creato insieme.· Non forzarlo mai a chiedere scusa se non è pronto.Essere dalla parte del bambino significa riconoscergli il diritto all’emozione , contenere il comportamento per proteggerlo e proteggere gli altri, accompagnarlo ad esprimere quel “che bolle in pentola”, trovare nuovi modi di comunicare la rabbia, usare la sua energia per “creare”.In questo modo penso si possa evitare di essere “domatori di leoni” tesi a reprimere o a condizionare; meglio agire come un “prestigiatore”, capace di tirare fuori ai bambini le parole, i pensieri, le sensazioni della rabbia, tenerli in mano senza spaventarsi e spaventarli e, inventare insieme i trucchi che servono per trasformarle in cose che possono farli e farci stare meglio.
Stella Primari, Pedagogista Clinico