PORTARE IN FASCE
Spesso le mamme ci raccontano della fatica fisica ed emotiva che vivono nel dopo parto: rispetto al bimbo immaginato durante la gravidanza, il bambino reale che tengono tra le braccia ha bisogni che richiedono di essere soddisfatti notte e giorno, a volte piange, altre volte ha qualche dolorino di pancia o fatica a digerire, altre ancora ha bisogno di contatto.
Possiamo proprio capire la stanchezza delle mamme che nel dopo parto vivono davvero ritmi intensi 24 ore su 24 e che manifestano il bisogno di avere delle braccia amiche che possano ogni tanto tenere il bambino alleviando la loro fatica e sollevandole dal peso di un bambino che cresce sempre di piĂš.
Ecco che, quando la mamma è sola, la fascia lunga tessuta- un telo largo 70 cm e lungo 5 metri- può diventare un modo per accudire il proprio bambino, soddisfacendo in primis il bisogno di contatto del bambino e al contempo il bisogno della mamma di non affaticare troppo le braccia e la schiena, avendo anche le mani libere.
Si può iniziare a portare con la fascia dopo 30 giorni dal parto: questo tempo è necessario sia per favorire lâavviamento dellâallattamento, sia per rispettare i muscoli del pavimento pelvico, sia per âsentireâ lâarrivo del bimbo anche tra le proprie braccia.
La prima posizione in cui portare è pancia contro pancia, che comunica il messaggio âio ti proteggoâ, e in cui mamma e bambino rappresentano lâuno per lâaltra il centro della propria attenzione,
La posizione seguente è quella sul fianco, pancia contro fianco, chiamata anche âil dialogoâ, in quanto mantiene un forte contatto con il genitore, ma soddisfa al contempo il bisogno del bambino di osservare il mondo; la si utilizza infatti dai 3 mesi circa, quando il bambino può sostenere la testa e lasciarsi incuriosire dalle mille meraviglie del mondo.
Lâultima posizione, dai 4 mesi, è quella dietro, pancia contro schiena, definita âtu mi seguiâ, perchĂŠ il bimbo dalla schiena del genitore può osservare il mondo.
Sarebbe importante affrontare e completare lâintero percorso per accompagnare il piccolo nella sua crescita verso lâautonomia: infatti se nei primi mesi si porta per piĂš tempo durante la giornata, man mano che il bambino cresce quando gattonerĂ o camminerĂ , il portare diventa una possibilitĂ per il bambino di ritrovare la base sicura del genitore da cui ripartire per scoprire il mondo sulle proprie gambe.
Scegliere quindi di portare il proprio figlio, non significa sposare unâideologia, ma portare è una via, un modo, uno dei tanti possibili per accudire il proprio bambino, consapevoli che il contatto corporeo è per lâessere umano un bisogno vitale, biologico, psicologico di incontrare e relazionarsi con lâaltro e che nel neonato questo bisogno è urgente e innato.
Ricordiamoci che ascoltare e soddisfare il bisogno primario di contatto del bambino non crea una sua ulteriore necessitĂ nĂŠ la accresce, ma con il tempo la colma e che lâaffermazione, ancora molto utilizzata, che tenere in braccio un neonato crea un vizio, non è supportata da alcuna evidenza scientifica attuale.
Ostetrica Francesca Gotti, istruttrice PORTARE I PICCOLI